Sui vaccini

Alessandro Fusacchia
4 min readFeb 24, 2021

Intervento alla Camera dei deputati in occasione dell’informativa del Ministro della Salute Roberto Speranza, 24 febbraio 2021.

Ministro Speranza,

le rinnovo anzitutto i miei auguri. La continuità del suo incarico ci consente di non perdere neppure un giorno nel lavoro di contrasto alla pandemia.

Siamo, allo stesso tempo — rispetto all’ultima sua informativa qui alla Camera — in un contesto sia europeo sia nazionale profondamente mutato, alla luce del quale sollevo due questioni.

1Crescono ogni giorno di più i dubbi sul ruolo dell’Agenzia Europea per i Medicinali e della Commissione europea in questa pandemia.

Il ritmo di vaccinazione nel Regno Unito sta diventando uno spot pubblicitario insperato per la Brexit e Boris Johnson.

In Italia stiamo diventando ultimamente tutti europeisti, ed è certamente una buona notizia. Ma da europeista della prima ora le dico pure che se ci affidiamo alle istituzioni europee per risolvere il problema della vaccinazione, la soluzione non può essere peggiore di quella trovata da nazioni che si muovono da sole. Non è concepibile che per affrontare una sfida chiaramente sovranazionale venga fuori che “fare insieme” è meno efficace che “fare per conto proprio”.

In base ai dati pubblicati oggi sul New York Times, Italia, Francia, Germania e Spagna sono al 4% di popolazione che ha ricevuto almeno un primo vaccino. Il Regno Unito sta al 25%. Non stanno facendo meglio solo il Regno Unito o Israele, ma anche Paesi come la Serbia o il Cile.

È urgente risolvere questo stallo. Il Presidente Draghi parteciperà nelle prossime ore al suo primo Consiglio europeo e non avremo modo di averlo qui alla Camera prima di questo passaggio, che seppure da remoto adotterà Conclusioni sulla questione dei vaccini. Draghi ha credibilità da spendere. La spenda tutta e la spenda adesso, perché dopo potrebbe essere tardi.

Sul tema della produzione e distribuzione di questi vaccini non c’è da perdere un’ora in più. Lavoravo a Ginevra al WTO quando vent’anni fa furono siglati gli accordi e la dichiarazione di DOHA sulla proprietà intellettuale, prevedendo la possibilità, in alcune circostanze eccezionali, di derogare alle regole sui brevetti sui medicinali.

Se non si riuscisse ad arrivare a tanto, gran parte del problema si potrebbe comunque risolvere attraverso le licenze per la produzione del vaccino.

A fronte di un chiaro eccesso di domanda, c’è stata e permane un’insufficiente capacità produttiva dei titolari dei brevetti. Sappiamo che ogni ritardo nella distribuzione dei vaccini rappresenta un costo altissimo. In termine di vite umane e di rischio di varianti: andare lunghi con la produzione e somministrazione dei vaccini potrebbe fare la differenza nel debellare la pandemia quest’anno, o trascinarcela ancora per molto a lungo. Potrebbe fare la differenza tra la resilienza e la ripresa, e il collasso economico e sociale. Il governo si muova con autorevolezza, fermezza e velocità. Ci sono aziende italiane con le competenze adeguate pronte a contribuire sul fronte della produzione dei vaccini.

2 La seconda questione che sollevo — che torno a sollevare e su cui con tanti colleghi vorremmo smettere di essere solo vox clamantis in desertoè quella dei dati.

Il presidente Draghi, nella sua replica qui alla Camera in occasione del voto di fiducia, ha richiamato l’importanza della trasparenza e della responsabilità della pubblica amministrazione parlando esplicitamente di accesso alle informazioni, siano essi dati quantitativi o qualitativi.

Non è la prima volta che mi rivolgo a lei in quest’Aula sul tema dei dati disaggregati e aperti. Su impulso della campagna DatiBeneComune, con il collega Roberto Rossini e altri cinquanta deputati e deputate in maniera trasversale a quasi tutte le forze politiche chiediamo da mesi un diverso sistema di raccolta e gestione dei dati sanitari legati al Covid-19. C’è su questo un ordine del giorno alla legge di Bilancio che è stato accolto.

Non ci sfuggono le complessità, le ritrosie di parte degli apparati pubblici, le difformità tra Regioni, ma questa dei dati aperti, Ministro Speranza, deve diventare anche la sua battaglia.

E se non lo diventa, deve diventare chiaro perché il Paese che ha la presidenza del G20, il Paese guidato dalla personalità che ha salvato l’euro vincendo battaglie dentro e fuori il board della BCE scommettendo sulla qualità dei dati e delle analisi a sua disposizione, non riesce adesso a fare questo esercizio di modernizzazione del Paese.

Perché una diversa gestione dei dati può fare la differenza nel contrasto alla pandemia, nel prendere decisioni più accurate e mirate, e quindi nel rendere un po’ meno difficile questa lunga “traversata” per cittadini e imprese.

Il dato è potere, signor Ministro, e noi lo vogliamo democratizzare.

Grazie.

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Alessandro Fusacchia

Vice Presidente per l'Impatto Sociale di Translated. Curatore del Festival del Pensiero Contemporaneo (Piacenza) e della Pratolungo Unconference (Rieti).