Siamo tutti candidati.

Intervento di Alessandro Fusacchia, deputato di +Europa, all’evento di lancio della campagna per le elezioni europee.
Stavo cercando di capire come ci sentiamo. Rispetto a queste elezioni europee. Se più ottimisti o più pessimisti. E mi sono ricordato di un po’ di anni fa, quando non riuscendo a capire se Emma Bonino fosse di natura ottimista o pessimista, a un certo punto decisi di chiederglielo. Mi ricordo la risposta: mi diede un buffetto e mi disse: “sei ancora giovane! Perché sei convinto che nella vita serva decidere se essere ottimisti o pessimisti. Quando invece nella vita bisogna semplicemente essere determinati”. Ecco, penso che questo sia il miglior auspicio che ci possiamo fare da qui fino al 26 maggio.
Noi non dobbiamo capire se faremo il 4%, noi dobbiamo decidere che faremo più del 4%.
La seconda cosa che voglio dire è una piccola buona notizia: +Europa le ha già fatte le prove generali su elezioni di questo tipo. Queste elezioni sono un po’ diverse dalle politiche, per due caratteristiche. La prima, ci si candida su circoscrizioni che sono macro-regioni. Quindi voi non dovete correre solo nella vostra città o nei dintorni, ma dovete fare campagna su più regioni. La seconda, ci sono le preferenze. Ecco, noi in Europa, alle politiche, avevamo un continente che era leggermente più grande di un comune e avevamo le preferenze: lo dico perché — anche questo spero sia di buon auspicio — vorrei che fosse chiaro che per quanto non ci saranno da votare i candidati nella circoscrizione “Europa” come abbiamo avuto alle politiche, tutti gli italiani che abbiamo mobilitato in quell’occasione in Europa noi siamo pronti a rimobilitarli, per fare in modo che sostengano il lavoro di+Europa in Italia in questo momento. Potranno votare tornando in Italia, potranno votare nei consolati, ma come noi diremo loro possono pure fare una telefonata a casa. Se ti chiama tuo nipote che sta a Berlino eci sonole elezioni europee, fidati no? Avrà capito qualcosa di che cos’è l’Europa! Questo lavoro noi siamo pronti a metterlo a disposizione e l’energia forte di quella squadra, di quei candidati, di quella storia, di quella mobilitazione è importante oggi.
Condivido con voi 3 cose: tutte e tre riguardano un po’ l’idea di anticipare il futuro.
1.
La prima è: di cosa dobbiamo parlare? Su cosa ci dobbiamo concentrare? Allora guardate: il valore aggiunto di aver fatto questa “amicizia” — come l’ha chiamata Alessio Pascucci — con Italia in comune, è fondamentale per un aspetto semplice: perché noi abbiamo bisogno di costruire l’Europa di prossimità. Il problema non è spiegare il valore aggiunto dell’Europa ai ragazzi che stanno facendo l’Erasmus o a chi ha fatto 10 anni a Barcellona e ritorna in Italia. Abbiamo bisogno di spiegare il valore aggiunto dell’Europa a quei cittadini italiani che sono europei a loro insaputa! A quelli che stanno a Piacenza, ad Avellino, in Puglia e non sanno di essere cittadini europei, che non sanno che l’Europa ha portato un’enormità di vantaggi fino ad oggi e che a certe condizioni possiamo chiedere all’Europa di fare di più per quei cittadini che per mille ragioni personali non si sono mai spostati dalla loro città e probabilmente non si sposteranno mai. E quindi un’amicizia con gli amministratori locali è fondamentale, perché possiamo unire la nostra naturale propensione a ragionare ed operare sul livello nazionale ed europeo con chi ogni giorno si confronta con il livello locale, con i territori.
2.
Io credo che proprio da questo noi dobbiamo ripartire: dalla cittadinanza. Primo, perché io non ne posso più divedere un Paese che quando dici “cittadinanza” la prima parola che viene associata è “reddito”. Quando diciamo cittadinanza noi dobbiamo tornare a dire che la prima parola ci associ è diritti, è salario. Non il reddito, ma il lavoro. È questo che noi dobbiamo costruire, è questo che noi dobbiamo raccontare. E la seconda parola che io vorrei vedere associata a cittadinanza è formazione.
Noi dobbiamo chiedere che l’Europa si faccia garante e stabilisca il diritto soggettivo di ogni individuo alla formazione lungo tutto l’arco della vita.
Questo vorrebbe dire delle cose molto concrete: vuol dire che noi da sempre facciamo un dibattito su alzare l’età dell’obbligo scolastico o meno, quando forse dovremmo anticipare l’inizio dell’età dell’obbligo. Io sono nato a Rieti alla fine degli anni settanta, e il mondo era relativamente semplice, per di più sono cresciuto in campagna. Oggi ho una bambina di due anni e mezzo e il mondo è completamente cambiato, tutto va più veloce.
I bambini oggi nascono più disuguali fra di loro di quello che succedeva venti o trenta anni fa, e se non interveniamo subito — se non li prendiamo a due, tre, quattroanni — non recuperiamo più la forbice della disuguaglianza.
Quindi formazione vuol dire che noi dobbiamo cominciare con i bambini quando hanno tre, quattro anni afare in modo che ci sia un diritto e un obbligo alla socialità, perché questo tra l’altro produce anche effetti positivi sulle famiglie e sulle donne, perché libera le donne: permette alle donne di ritornare al lavoro, permette alle donne di riscoprire il valore della propria affermazione nella società. Noi dobbiamo contrastare Pillon dalla mattina alla sera — e lo stiamo facendo con ogni mezzo possibile — ma dobbiamo pure ricostruire un’agenda propositiva per l’empowerment delle donne. In parlamento stiamo facendo una battaglia sul congedo per i papà, perché per l’empowerment delle donne serve anche un’agenda di lavoro che riguarda e interessa gli uomini.
Inoltre, l’Europa deve diventare lo spazio dove adottiamo un Piano Marshall per la mobilità dei docenti delle nostre scuole.
Perché nonc’è speranza di cambiare il futuro dei nostri ragazzi se non consentiamo in maniera massiccia ai nostri docenti di fare, durante i loro anni dainsegnanti, un’esperienza in un altro Paese europeo. A me piacerebbe vedere tanti insegnanti italiani che vanno per un periodo di sei mesi o un anno in una scuola di un altro Paese europeo, e vedere tanti insegnanti di altre scuole in giro per l’Europa che vengono in Italia. Questo scambio qui — un piano massiccio su questo — avrebbe un impatto significativo sui prossimi dieci anni della scuola italiana. Costa? Certo che costa, ma noi dobbiamo decidere quali sono le priorità, dobbiamo decidere che cosa conti veramente e cosa sia davvero dirimente per noi.
E poi, l’ha citato anche Riccardo e ci voglio tornare anch’io:un tempo c’era la leva obbligatoria.
Il passaggio all’età adulta, quando arrivavi più o meno a 18 anni. Ecco, noi siamo tutti affezionati all’Erasmus, però qui c’è bisogno di una borsa universale: se vuoi fare un percorso di studi fai un percorso di studi, se vuoi fare un’altraesperienza fai un’altra esperienza, ma dobbiamo aiutare i nostri diciottenni a emanciparsi.
Dobbiamo costruire uno strumento europeo universale che permetta a tutti di girare, riempiendo questo spazio della mobilità e questo spazio della formazione attraverso l’esperienza — perché le cose non si imparano più soltanto sui libri.
E ultima cosa, la formazione lungo tutto l’arco della vita significa che non possiamo pensare solo ai cinquantenni che perdonoil lavoro e che dobbiamo riqualificare, ma dobbiamo anticipare il futuro: dobbiamo pensare aquelli che perderanno il lavoro fra 5–10anni e che ancora non lo sanno che perderanno il lavoro! E dobbiamo occuparci quindi di formazione e di riqualificazione: di costruire gli individui, di ricostruire le persone durante tuttol’arco della vita. Perché usciremo dalla stallo in cui stiamo in Italia se riusciremo a dare alle persone nuova formazione e opportunità di lavoro. La combinazione di queste due cose è ciò che più conta e su cui ci dobbiamo concentrare.
3.
Chiudo con un’ultima considerazione: anticipare il futuro, quando parli di politica e di elezioni europee, probabilmente vuol dire anche cominciare a ragionare di spazio politico europeo — non solo di istituzionieuropee. Stiamo vedendo che alcune cose pian pianino succedono, si comincia a creare questo spazio politico europeo. Un segnale? I politici litigano fra di loro fra diversi Paesi dell’Unione Europea. E io qui voglio dire due cose molto semplici: la prima, nei giorni scorsi è stata registrata presso la Commissione europea un’Iniziativa dei Cittadini Europei — lo strumento che permette di raccogliere un milione di firme in sette Paesi dell’Unione per chiedere alla Commissione di fare una proposta. È stata registrata un’ICE sullo stato di diritto e le libertà fondamentali: sostanzialmente dici a Orbán “tu accetti dirispettare le libertà fondamentali, l’indipendenza dei giudici, tutta unaserie di cose oppure magari i soldi europei nonli vedi più”. Ci hanno lavorato in tanti ma su questo, tra gli altri e forse prima degli altri, ha lavorato Marco Cappato. A me piacerebbe che parte della nostra campagna elettorale da qui al 26 maggio diventasse il sostegno a questa iniziativa, perché è uno strumento di mobilitazione molto concreto che possiamo usare con i cittadini — ma vi dico pure, e lo dico pure a lui, che mi piacerebbe che Marco questa iniziativa la portasse avanti nei prossimi due mesi da candidato di +Europa alle prossime elezioni europee.
E poi, quando parliamo di politica pan-europea, tutti hanno ormai conosciuto e scoperto cos’è Volt, movimento interessante — io li ho conosciuti quando erano molto piccoli e molto pochi e mi dicevano“noi faremo un partito paneuropeo, cicandidiamo in tutti i Paesi europei, ribaltiamo l’Europa” e io gli ho detto “ragazzi: l’entusiasmo della gioventù!”. Ora, non ci sono completamente riusciti, ma hanno fatto un lavoro incredibile in questi mesi, e sono arrivati a dei risultati e si presenteranno alle elezioni in diversi Paesi. In Italia, no. Non si presenteranno perché in Italia devi raccogliere 150mila firme e io voglio dire una cosa molto chiara: la loro sconfitta nel raccogliere 150 mila firme è la sconfitta di ciascuno di noi, perché un Paese che crea tali barriere all’ingresso per forze politiche nuove non è un Paese moderno. Però pure qui voglio dire una cosa, e la dico all’amico Andrea Venzon, che è il fondatore e il presidente europeo di Volt: non ci possiamo permettere di non fare tutto lo sforzo possibile per contrastare i sovranisti e costruire la prossima Europa, la prossima politicapan-europea, non occupandoci anche dell’Italia: e quindi, caro Andrea, le porte sono aperte — insieme a Marco Cappato, pure tu accetta di candidarti nelle liste di +Europa. Tanto noi siamo maestri di contaminazione.
Chiudo dicendo che nonsappiamo ancora quali saranno i candidati. Però una cosa ve la voglio dire: a breve avremo una settantina di candidati.
Ma io credo che noi dobbiamo uscire da qui, e raccontare fuori, e far capire a tutti, che nei prossimi due mesi siamo tutti candidati.
Perché se non abbiamo quella determinazione, quella motivazione, quell’energia, quella disponibilità di tempo che hai quando sei candidato — se non ritroviamo quelle forze che non pensavamo di avere dentro ciascuno di noi come se fossimo tutti candidati — il 4%, dopo le elezioni, cercheremo di capire perché non l’abbiamo fatto.
Se invece ci consideriamo e ci viviamo come “tutti candidati”, vi assicuro che dopo il 26 maggio non dovrete scegliere se essere pessimisti o ottimisti, perché saremo stati tutti sufficientemente determinati.
Grazie.