Perché il recupero dell’ex SNIA non è correre i cento metri, ma una maratona
La Conferenza di Servizi alla prova del Piano di caratterizzazione

H o visto ieri, 9 dicembre, il risalto dato dalla stampa locale alle dichiarazioni di Marco Travaglini sulle promesse che non sarebbero state mantenute da chi ha promosso negli ultimi anni il processo di recupero dell’ex SNIA.
Mi pare una buona occasione per fare il punto, perché non dubito che una parte dei cittadini di Rieti abbia in testa la stessa domanda: “che cosa è successo? Davvero si è rispento tutto?”; e perché non vorrei che la risposta fosse maturata sulla base di qualche affermazione estemporanea fatta a titolo individuale da qualcuno che a questo punto temo abbia — in perfetta buona fede — male interpretato cosa stavamo facendo, lo spirito gratuito con cui lo facevamo, e la corretta divisione del lavoro tra tutti gli attori in campo.
Ripartiamo dai fatti
Lo scorso 29 gennaio RENA presentava a Rieti il Report con cui raccontava i due anni di lavoro che l’avevano portata a concepire e condividere il processo di rigenerazione dall’area industriale ex SNIA Viscosa.
Un documento estremamente attuale scritto in forma discorsiva (e non azzeccagarbugliesca) per fare in modo che chiunque potesse leggerlo, e che conteneva tutti gli approfondimenti tecnici e operativi relativi ad una complessa opera di recupero ambientale e urbanistico.
Quegli approfondimenti mostravano chiaramente — e mostrano da quasi un anno ormai — quali passi sia necessario fare, e contestualmente chi abbia la responsabilita di farli. Per questo il 29 gennaio avevamo deciso di condividere apertamente e pubblicamente le conclusioni a cui eravamo arrivati, e di farlo con tutti coloro che dovevano esserci: Comune, Regione, ARPA e la principale proprietà dell’area (MPS).
Perché ognuno si prendesse il proprio pezzo di responsabilità nel momento in cui si siglava un patto cittadino davanti a tutta la comunità locale.
Questa complessa opera di impostazione del lavoro non avevamo mai preteso di farla da soli, consapevoli che servissero competenze ed esperienze più grandi di noi. Per questo avevamo chiesto e ottenuto — gratuitamente — l’affiancamento di esperti di rilievo nazionale e internazionale: come Golder Associates, società internazionale con oltre 50 anni di esperienza nel campo dell’ingegneria ambientale, e AUDIS, l’Associazione delle Aree Urbane Dismesse.

Da allora è passato quasi un anno. E il gruppo di Next Rieti è sempre stato al lavoro perché nulla di ciò che era contenuto nel Report restasse solo una promettente buona intenzione. E vorrei ricordarlo — perché sarebbe pericoloso che sfuggisse il senso più profondo di tutto questo impegno — ha continuato a farlo in maniera del tutto volontaria, e disinteressata.
Un anno in cui molte cose sono accadute a partire da (e attorno a) l’ex SNIA. Il lavoro del gruppo, anche grazie ai numerosi incontri con esperti nazionali, amministratori e tecnici locali, ha consentito di fare chiarezza in primis sulle delicate questioni ambientali: da un lato le attività di bonifica soprasuolo da completare, dall’altro le attività integrative di indagine e caratterizzazione necessarie.
In questo senso, il gruppo reatino di RENA ha aiutato a ricucire una trama di faticosi rapporti territoriali che nel tempo si erano slabbrati. Lo ha fatto prima della presentazione del Report, riuscendo a far sedere attorno al tavolo, all’inizio informale, tutti gli attori indispensabili per far succedere le cose; e lo ha rifatto dopo la presentazione del Report, quando ogni giorno rischiava di essere un giorno buono perché tutto si interrompesse di nuovo.
Ecco cosa abbiamo fatto in questi mesi: li abbiamo spesi a cercare di aiutare il Comune di Rieti e MPS ad evitare fraintendimenti; a mantenere quel capitale di fiducia che faticosamente era stato costruito nei due anni precedenti con un lento ma costante avvicinamento reciproco; a sbrogliare la matassa dei tecnicismi; in definitiva a prendere tutti coloro che hanno ciò che noi nel processo SNIA non abbiamo — proprietà o competenze istituzionali per fare — e tenerli ancorati all’unica cosa che invece potevamo offrire noi: un metodo.
E il lavoro piu difficile — quello degli uffici tecnici, quello fatto di bilanci, valutazioni legali, pratiche ambientali — è (ri)partito. Sono state identificate le procedure amministrative che possono consentire un riutilizzo progressivo e graduale dell’intera area, è stato condiviso un cronoprogramma di attività per il sito.

Il risultato è molto o è ancora troppo poco?
La risposta dipende da ciò che pensiamo sia il recupero di un sito di archeologia industriale, con problemi di bonifica e una struttura proprietaria complessa, in un’epoca in cui non esiste la Cassa del Mezzogiorno ma esiste ancora la burocrazia dei processi istituzionali. Se pensiamo che siano i cento metri, o che sia una maratona.
Se leggiamo il lavoro quotidiano non alla luce delle nostre pulsioni istantanee ma dei processi storici, realizziamo allora che le cose succedono quasi sempre più lentamente dei nostri desideri, ma anche più velocemente delle nostre perplessità. E che in un solo anno, alla SNIA, è accaduto piu di tutto quello che (non) era accaduto nei dieci anni precedenti.
Dalla presentazione del Report sono state infatti completate tutte le attività di bonifica soprasuolo, a completamento di un investimento di 2,5 milioni di euro da parte della principale proprietà dell’area (MPS Leasing & Factoring).
E siamo adesso nelle settimane decisive per il Piano di caratterizzazione dell’area, vale a dire il passaggio piu delicato e chiave di tutto il processo di recupero.
Questo piano è gia stato presentato ufficialmente lo scorso 22 novembre. E sempre in Comune, dopodomani — lunedì 12 dicembre — andrà in scena il secondo tempo con l’approvazione in sede di Conferenza dei Servizi, che porterà all’avvio delle indagini tecniche sul suolo entro la fine dell’anno. Questo è almeno ciò che questa Conferenza promette, e su cui si misurerà la buona volontà di tutti, e su cui tutti saranno misurati.

Faccio notare che a questi tavoli RENA non c’era e non ci sarà, com’è ovvio e giusto che sia: perchè sono i tavoli dove a confrontarsi devono essere esclusivamente le istituzioni e la proprietà che hanno una responsabilità formale.
Lo ricordo perché in questi anni, e soprattutto in questi ultimi mesi, si è creata spesso una confusione di ruoli. La democrazia dal basso, la partecipazione di cittadini attivi, non deve mai sostituirsi alle istituzioni, ma sostenerle.
Cio che abbiamo fatto dal primo giorno — dichiarandolo — è stato:
(1) accendere un riflettore, e quindi mobilitare la cittadinanza;
(2) facilitare il dialogo tra le istituzioni e la proprietà;
(3) andando oltre anche ciò che ci eravamo immaginati all’inizio, sviluppare expertise e mettere a disposizione gratuitamente competenze affinché le intenzioni nate da questo dialogo non restassero solo pie, con la scusa dei mille fraintendimenti tecnici, ma potessero giovarsi di una mappa, di un quadro chiaro su cosa, anche a livello tecnico, occorresse fare.
Anche per questo mi hanno colpito le parole di Marco Travaglini. Perché Travaglini, a differenza di tanti cittadini che magari avevano in testa la stessa domanda, la risposta la conosceva già.
La conosce da quando il gruppo Next Rieti — molti mesi fa — ha ben volentieri accolto la sua disponbilità a “dare una mano”. Dando per scontato che lo spirito fosse lo stesso di tutti coloro che già ci stavano lavorando, e continuano a lavorarci ancora oggi, volontariamente e con grande spirito di squadra. Che non si scoraggiano di fronte alle difficoltà; che non pretendono di avere nessun pacchetto “chiavi in mano”, o competenza esclusiva; che non chiedono buoni uffici ma provano invece incessantemente a costruirli; che invece di scrivere alla stampa locale alzano il telefono — avendone tanti di numeri da chiamare all’interno di un gruppo numeroso e attivo — e manifestamente dicono su cosa e perché non sono d’accordo, puntando a motivare e ricompattare tutti, invece che a fare fughe in avanti; che non parlano alla prima persona plurale senza dire chi stiano rappresentando; che di fronte alle innegabili difficoltà di questi anni, alle tentazioni di lasciare andare tutto e di dire che quando qualcosa non funziona è sempre colpa di qualcun altro, sono andati avanti, stanno andando avanti, andranno avanti.
Perché tengono di più alla città di tutti, che non alle pacche sulle spalle di qualcuno.