Gli studenti italiani sceglieranno i loro libri preferiti di questo millennio
Intervento al Salone del Libro di Torino, 12 maggio 2016

Ogni ragazzo, oggi, cresce alla periferia.
Che sia la prima periferia che vi viene in mente, ai margini di Bari o Napoli, o qualche periferia meno apparente, al centro di Milano o Bologna, poco cambia.
Perché la periferia non misura la distanza dai centri urbani. Misura la distanza dai centri di ebollizione culturale. Dai “luoghi dove accadono le cose”. Dai “luoghi dove le scoperte arrivano prima che altrove”.
Ma se è così, ogni quartiere di un Paese come il nostro è oggi una periferia, se paragonato ai nuovi ombelichi del mondo che ormai si trovano dall’altra parte dell’Europa, o dell’Atlantico, o ai confini estremi dell’Asia.
La Buona Scuola è il tentativo di aiutare ogni ragazzo a compiere questo viaggio, dalla periferia di origine al centro del mondo. È il tentativo di aiutarlo a capire come confrontarsi con ciò che sta fuori dalle mura scolastiche. Di aiutarlo a “diventare grande”, e non solo adulto.
Abbiamo per questo voluto che la Repubblica italiana non fosse più fondata solo sul lavoro, ma anche sull’alternanza scuola-lavoro.
Perché ogni studente possa misurarsi con se stesso, con le proprie abilità, e scoprire che passioni ha in tempo utile per costruirci sopra quello che dieci anni fa sarebbe stato un “curriculum” e che tra dieci anni probabilmente sarà una “storia”. Perché ogni studente possa capire, quando ancora è a scuola, che alcuni dei lavori più belli che potrà fare domani, oggi non esistono ancora.
Per questo abbiamo voluto un piano nazionale per la scuola digitale, che ha poco a che vedere con i macchinari e le infrastrutture, e molto con le nuova didattica e le competenze. Una scuola digitale per rendere materialmente impossibile — una volta per tutte — cose come bruciare libri, scavare fossati, erigere muri.
E proprio per questo abbiamo deciso di lanciare oggi, qui dal Salone di Torino, due iniziative che riguardano i libri. I libri intesi non come oggetti sovrastati dalla polvere, o come scuse per l’isolamento. Ma come posti di ritrovo, come “luoghi dove incontrarci per capire veramente chi siamo”.
La prima riguarda le biblioteche delle scuole. 5 milioni di euro per creare 500 biblioteche in tutta Italia. Luoghi aperti al territorio, dove promuovere lettura e scrittura –anche digitali — e grazie ai quali dare un altro colpo alla dispersione scolastica. Luoghi che recuperano spazi abbandonati — di fatto le “periferie dentro le scuole”; che utilizzano le tecnologie; che contribuiscono a riesumare, catalogare e digitalizzare il nostro patrimonio librario.
Soprattutto, 500 biblioteche messe in rete — la prima ”biblioteca diffusa” della scuola italiana — per facilitare anche l’incontro dei lettori, e quindi il sentimento dei ragazzi di essere parte di una unica, grande scuola unita, fatta di 8 milioni di studenti e di 330 mila classi.
La seconda iniziativa che lanciamo oggi si chiama “Generazione 2000: i contemporanei in classe”. Vogliamo che scelgano 10 libri pubblicati da autori italiani — attenzione! — in questo nuovo millennio, dall’anno 2000 ad oggi. I 10 libri che magari mancano, e che vorrebbero vedere, nelle biblioteche delle loro scuole. I 10 libri che vogliono raccomandare ai loro genitori. Ai loro nonni. Ai loro insegnanti.
A partire proprio da qui, da Torino, da questo Salone, raccoglieremo le prime preferenze, la settimana prossima comunicheremo a tutti le “regole del gioco”, e poi le scuole avranno tempo fino all’autunno per organizzare le votazioni in ogni classe. Alla fine dell’anno, i più votati formeranno una rosa di 10 libri, che il Ministero farà avere ad ogni scuola.
Avremo nel frattempo alimentato un dibattito in ogni classe d’Italia. Avremo chiesto ai ragazzi di leggere, di riflettere, di decidere. E così facendo, alla fine, avremo anche il più partecipato “compito in classe” che sia ma stato fatto nella storia della scuola italiana.
Ai bambini più piccoli chiederemo di concentrarsi sui loro racconti preferiti, sulle fiabe, e allargheremo la geografia del gioco. Dall’Italia all’Europa. Mi piace pensare che sceglieranno il Pinocchio italiano. Ma anche Il Piccolo Principe francese, o il Peter Pan scozzese. Vale a dire, i capolavori della letteratura europea per bambini. E mi piace pensare che noi porteremo queste dieci fiabe in ogni scuola d’Italia, e che grazie a questi libri tutti i nostri bambini cresceranno sentendosi cittadini di una patria più ampia di quelle inventate nell’Ottocento.
Mi piace pensare che con questi libri potranno, proprio come in una fiaba, presentarsi ad ogni frontiera interna dell’Europa — a quelle frontiere che non esistono più, a quelle frontiere immaginarie e che tuttavia alcuni vorrebbero tornassero reali — e li facessero valere come il loro passaporto. Letteralmente, come il loro “lascia passare”.
E in questo modo gireranno l’Europa e diranno a tutti, con i loro libri in mano, che l’unica vera periferia è quel luogo che non ha ancora accolto abbastanza forestieri.