Comunque vada

Comunque vada, a settembre la scuola riapre.
Lo dico, perché in questi giorni si è parlato (e si continuerà a parlare) solo di crisi di governo e la politica è tornata un po’ auto-referenziale: chi sta con chi, chi sfiducia chi, chi si accorda con chi; non che si sia fatto ancora chissà quale ragionamento sul “per fare cosa?” o “cosa offrire al Paese adesso?”.
Mettetevi comodi, servirà tempo prima di lasciarsi alle spalle questo passaggio, che nessuno con certezza sa ancora dove porterà. Ma per favore torniamo a discutere di priorità per i cittadini, di problemi da affrontare.
La scorsa settimana abbiamo pubblicato con Riccardo Magi e Rossella Muroni una nota per spiegare come vediamo l’uscita dalla crisi.
In sostanza, niente elezioni a breve e men che meno un governo tecnico che si limiti a farci scampare l’aumento dell’IVA. Nella nota spieghiamo quale sia a nostro avviso la condizione principale che serva rispettare per far sì che questo governo politico abbia senso: riportarci e riposizionarci in Europa, e quindi restituirci la capacità, da un lato, di influenzare le prossime azioni della Commissione europea che si insedierà il 1 novembre; dall’altro, di portare avanti in Italia, attraverso le nostre politiche nazionali, un’agenda per lo sviluppo sostenibile speculare a quella europea.
In tutto questo, l’istruzione gioca evidentemente un ruolo chiave. Anzi, il prossimo governo dovrebbe a mio avviso ripartire da una vera e propria “agenda per le prossime generazioni”.
Non so che margini ci saranno. Non so se si farà un governo al rialzo. Né so se l’istruzione avrà un posto centrale.
Ma so che questo sarà dirimente per me, quando dovremo decidere come comportarci al momento di votare la fiducia al prossimo esecutivo (sempre che non si vada al voto).
Così come so che — se la legislatura non si interrompe — dall’autunno mi concentrerò su alcune questioni legate alla scuola, per provare a far sì che dentro e fuori il Parlamento rimonti l’attenzione e la voglia di occuparsene.
Prima di accennare a quali sono… dove eravamo rimasti? Due punti che riguardano il “sospeso”, vale a dire le ultime azioni (e omissioni) del Ministro Marco Bussetti:
1. LA SANATORIA PER 24 MILA DOCENTI.
Al Consiglio dei Ministri del 4 agosto è stato approvato un decreto legge con varie misure sulla scuola. Con dentro anche questa sanatoria. Da allora del decreto non si hanno più tracce: quando uscirà in Gazzetta ufficiale? Era stato adottato “salvo intese” perché la misura fortemente voluta da Matteo Salvini (convinto a sua volta dal presidente della Commissione “Istruzione pubblica, beni culturali” del Senato, il leghista Mario Pittoni) è fortemente osteggiata dai 5stelle. Che “intese” si possono trovare adesso? La sanatoria salta? Oppure ce la troviamo in Gazzetta Ufficiale nel mezzo della distrazione generale dovuta alla crisi di Governo? Se ci sarà un nuovo Governo senza Lega, possiamo ragionevolmente aspettarci che scamperemo a questo scempio?
Continuiamo a vigilare: per me è un punto fondamentale, di massima allerta.
Non possiamo (giustamente) gridare allo scandalo quando l’Invalsi presenta i dati sul livello degli apprendimenti dei nostri ragazzi — da cui emerge un quadro drammatico che richiede interventi forti per ritornare a fare della scuola, in alcune regioni più di altre, il luogo dove si prepara la partecipazione alla vita economia e sociale, l’emancipazione dei giovani e dove si contrastano le disuguaglianze — e poi accettare sanatorie che non tengono conto di merito e qualità dei docenti. Dobbiamo ripartire dai concorsi veri e dai percorsi di formazione iniziale.
2. Sull’INTERNALIZZAZIONE DEI SERVIZI DI PULIZIA, tutto tace.
In molti in questi giorni mi hanno scritto preoccupati. Ho deciso quindi di approfondire, ed ecco quello che ho scoperto.
Ricordo anzitutto di cosa si tratta. In base alla scorsa legge di bilancio — a partire da un emendamento che avevo proposto, poi votato dalla maggioranza (su spinta dei colleghi 5stelle della Commissione VII della Camera, contro il parere della Lega) — è prevista l’internalizzazione di migliaia di bidelli, operazione che metterà fine a 20 anni di assurdità, palesi ingiustizie, e — fatto non trascurabile — costi ingiustificati per le casse dello Stato (per chi vuole approfondire, è sempre buona questa nota: https://www.contaredipiu.eu/istruzione/nessuno-è-invisibile.html).
Ora, dei decreti attuativi non si è saputo più nulla. All’inizio c’era stata un po’ di resistenza da parte del ministro per la funzione pubblica, la leghista Giulia Bongiorno, ma poi si era arrivati ad un testo pronto per la firma del ministro Bussetti con cui avviare tutte le procedure. Cosa è successo, allora?
Reggetevi forte: il ministro Bussetti ha scritto al presidente Conte per chiedere di… aprire un tavolo a P.Chigi!
Ma di che tavolo c’è mai bisogno? Qui si tratta “solo” di applicare la legge, svolgere le procedure per internalizzare e assicurare che non ci siano proroghe ulteriori e che non si torni indietro. Chiedere di aprire oggi, su questo, un tavolo a Chigi vuol dire solo procrastinare e in definitiva… prendere tempo perché l’internalizzazione alla fine salti e non si faccia!
Ho il sospetto, diciamo così, che possano essersi messi di traverso i sindacati. Quelli del comparto inter-servizi. Sapete cosa vuol dire perdere (circa) 18 mila iscritti — vale a dire tutti quei lavoratori che entrando nel pubblico non si iscriverebbero più al sindacato? Vuol dire magari qualche ufficio provinciale del sindacato che deve chiudere, permessi sindacali e personale in comando da rivedere, e mille altre questioni così. Sto facendo peccato, a pensar male? Possibile, ma diciamo che non ho l’abitudine di avventurarmi in ipotesi del tutto strampalate…
Fatto sta che il decreto attuativo è bloccato, e che il ministro Bussetti se ne è lavato le mani scaricando tutto, ingiustificatamente, sul premier Conte, il quale mi pare in queste ore francamente preso da ben altro. E quindi, che si fa? Un consiglio non richiesto al premier: faccia mandare — stasera stessa, prima di andare al Senato domani, due righe semplici di risposta a Bussetti: “caro Ministro, apprezzo il coinvolgimento di Palazzo Chigi, ma le assicuro che non serve. La legge è chiara, proceda pure ad attuarla.”
Veniamo adesso a quello che si può far partire i prossimi mesi in Parlamento, sempre che non venga sciolto anzitempo (non riprendo quello che abbiamo solamente avviato, come il lavoro sull’innovazione didattica).
Prendete i 5 punti che seguono come dei “segnaposto”, su cui ho intenzione di tornare e di elaborare meglio più avanti:
INFANZIA
La presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen si è impegnata su una Garanzia per i bambini. Serve fare urgentemente la nostra parte su questo. “Nessun bambino può essere povero” ha detto qualche mese fa la premier neo-zelandese. Ripartirei da qui.
SCOLARIZZAZIONE
Serve anticiparla. Perché nel mondo di oggi iniziare la scuola a 6 anni è tardi. Serve investire sugli anni precedenti. Serve ridare centralità, con soldi e politiche mirate, al sistema 0–6. Serve la materna obbligatoria dai 3 anni di età. Facciamo in modo che tutte le bambine e tutti i bambini possano sviluppare la propria socialità e affrontiamo in tempo le disuguaglianze di partenza. Sarebbe una rivoluzione, non solo per i bimbi, ma anche per le mamme e i papà e il mercato del lavoro.
DOCENTI
Serve investire su selezione e formazione dei docenti. Il problema del precariato non è un problema secondario e serve trovare risposte giuste a migliaia di insegnanti precari veri. Serve ripensare il ruolo e lo status dei docenti: puntando anche su aumento salariale (non si farà certo con la prossima legge di bilancio, ma bisogna darsi un tempo ragionevole per intervenire su questo), e sull’introduzione di una “carriera per i docenti”. Ma bisogna stabilire una volta per tutte che le esigenze e i bisogni degli studenti non possono essere subordinati a niente, e a nessuno, per nessuna ragione al mondo. Nessun diritto degli adulti viene prima del diritto dei nostri giovani ad una istruzione di qualità.
MOBILITÀ
Un massiccio piano per permettere ai nostri studenti di fare una esperienza di studio in un altro Paese europeo. Idem per gli insegnanti. Sto parlando di qualcosa di più ambizioso che non “triplicare i fondi per l’Erasmus” o ampliare gli scambi che coinvolgono i ragazzi delle scuole superiori.
ORIENTAMENTO
Non insegniamo ai nostri ragazzi chi sono, né tanto meno cosa possono diventare. Non insegniamo loro a capire che talento abbiano, e come ognuno di loro ne abbia uno. Pensiamo che “orientamento” sia una guida per scegliere l’università, invece che un accompagnamento a come costruirsi una vita. Serve intervenire lavorando all’intersezione di scuola, università e lavoro (del futuro).