Appena prima di rinascere

Alessandro Fusacchia
6 min readSep 14, 2022

1.

Sono in mezzo al mare. Nella Baia di San Francisco. A bordo di una barca di poco meno di venti metri costruita quarant’anni fa. Le vele sono spiegate, c’è abbastanza vento, stiamo per passare sotto il Golden Gate.

Paul Cayard è seduto in poppa, di fianco al timone. Siamo una decina, distribuiti in vari punti dell’imbarcazione, sto a un metro da lui. Per quelli della mia generazione Paul Cayard è una leggenda dello sport. Come Michael Jordan o Sergej Bubka. Tutti a correre dietro a Ruud Gullit o Michel Platini, ma in realtà incantati molto di più da loro, dalle loro gesta iconiche.

Lo guardo cercando di non farmi notare, lo vedo che osserva ogni increspatura del mare. Siamo circondati da tanti surfisti, soprattutto kite che sfrecciano veloci, qualcuno prova ad affiancarci e superarci, ci sono pure altre piccole imbarcazioni e in lontananza una nave portacontainer.

Da qualche minuto abbiamo superato l’isola di Alcatraz, i suoi palazzi diroccati, e Paul Cayard continua a spiegarci poche cose essenziali su come si porti una barca a vela, a turno ci fa mettere al timone e ci convince che sia una cosa semplice, alla portata di tutti. Io capisco la metà delle cose che dice, anche perché metà delle parole che usa sono comuni per lui ma assolutamente sconosciute per chi come me non ha alcuna dimestichezza col mare. Ma mi metto a guardarlo fisso quando racconta come sia cambiata la vela nel tempo. “Oggi i test che si fanno alle barche sono per testare più la tecnologia che gli equipaggi”, ma non lo dice con nostalgia, vuole farci capire che anche questo sport è cambiato negli anni, e di conseguenza è cambiato cosa deve sapere e saper fare chi lo pratica. Sono qui soltanto da pochi giorni, e ci metterò ancora un po’ a capirlo, ma neppure Paul Cayard, l’icona del mondo antico, può permettersi di essere nostalgico a San Francisco.

L’idea del libro mi viene quando lui, senza poterlo sapere, ci racconta l’incipit. Pochi anni prima è entrato nella Hall of Fame statunitense. Come le star di Hollywood. Per l’occasione, hanno provato a ritrovare la sua prima barca a vela, quella con cui per anni, da giovanissimo, si era allenato nella baia. Regalo di suo padre, neppure lui sapeva più che fine avesse fatto. Dopo un certo numero di ricerche e peripezie, era saltato fuori il nome dell’attuale proprietario, ed erano andati a trovarlo. La sua piccola, prima imbarcazione si trovava pressoché abbandonata in un giardino in mezzo a un bosco, su una collina. Il proprietario non aveva chiaramente idea della storia e di cosa si fosse ritrovato a possedere.

A me pare subito una scena fortissima. Il più grande velista della storia recente, la persona che aveva fatto conoscere un intero sport altrimenti sconosciuto a milioni di persone, che non stava in mezzo al mare, con gli occhiali da sole e piegato su una barca che tagliava il vento con le vele spiegate, ma camminava lento, in salita, passo dopo passo, nel silenzio di un bosco, con i pantaloni e la t-shirt bianchi e gli occhiali da sole sistemati sulla fronte, lontano da ogni specchio d’acqua, fuori dal suo elemento naturale.

2.

La barca su cui stiamo veleggiando è uno Swan 65. Ne sono stati fabbricati una quarantina dall’inizio degli anni ’70 e Marco Trombetti ha deciso di comprarne una per partecipare alla Ocean Race, una regata intorno al mondo che si tiene ogni quattro anni. La prossima partirà da un porto inglese nel settembre 2023, a cinquant’anni esatti dalla prima edizione, quando si chiamava Whitbread per via della compagnia di birra che aveva sponsorizzato la gara. Trombetti non era mai salito in barca prima di acquistarne una e si è messo in testa adesso di fare come Ramón Carlin, il messicano che vinse la prima edizione portandosi a bordo il figlio e la moglie che non sapeva nuotare, semplicemente perché non forzò troppo e a differenza delle altre imbarcazioni non ruppe la scotta.

Trombetti si occupa di traduzioni, usa intelligenza artificiale per aiutare centinaia di migliaia di traduttori a concentrarsi sulle parti più difficili da tradurre, e ha un fatturato che è cresciuto molto negli anni grazie a contratti con grandi multinazionali come Airbnb, per cui è in grado di tradurre quasi istantaneamente milioni di commenti e recensioni lasciati da chi affitta un appartamento in ogni angolo del mondo. Il 70% del fatturato lo fa qui nell’area di San Francisco, così ha comprato uno degli Swan 65 e in attesa di partire per la regata ogni tanto ospita amici, clienti, e amici di clienti per un giro nella baia.

Quando abbiamo lasciato il porticciolo, con Paul Cayard si sono messi a prua e ci hanno spiegato perché. È chiaramente una bella operazione di marketing e costruzione di relazioni, ma è anche una bellissima avventura. Il payoff della società di Trombetti è we believe in humans, e la barca serve per celebrare le persone. Sia coloro che come Paul Cayard sono riuscite in imprese che hanno fatto la storia, sia chiunque di noi quando si lancia in una sfida, magari più grande di quella che può riuscire a vincere, e lo fa perché in quel momento non è pienamente consapevole dei propri limiti, e proprio per questo riesce a fare qualcosa che nessun piano avrebbe mai previsto. Serve per celebrare la straordinarietà delle persone normali.

La regata intorno al mondo prevede quattro tappe, ognuna della durata di circa un mese. Dall’Inghilterra si arriva a Cape Town. Da Cape Town a Sidney. Da Sidney a Rio de Janeiro, ed è la tappa più dura, per le condizioni del mare e del tempo che si incontrano. L’ultima da Rio finisce nel porto inglese di partenza. Dieci persone a bordo, di cui solo tre possono essere dei professionisti. Il livello di tecnologia consentito ad ogni imbarcazione è bassissimo, e mi sono convinto che sia questo — assieme all’ingenuità di Trombetti — che più di tutto abbia convinto Paul Cayard a spendersi per questa iniziativa. Lui che ha già vinto la Ocean Race nell’edizione 1997/98 e che adesso allena la nazionale statunitense di vela e ha in testa soltanto le Olimpiadi che si terranno a Los Angeles nel 2028. Lui che partecipa a queste uscite del fine settimana ma non si imbarcherà a settembre del prossimo anno per rifare il giro del mondo. Lui che almeno così ci dice. Lui che sembra convinto che così sarà. Lui che tuttavia sa che con certe persone normalmente straordinarie c’è sempre qualcosa di inatteso pronto a farti cambiare idea quando meno te lo aspetti.

È da quando abbiamo lasciato il porto e hanno finito il loro racconto a prua che mi sono messo a pensare a chi potrebbe prendere parte a questa prima tappa, per dare ancora più risonanza al messaggio di fiducia nelle capacità umane, in un’epoca in cui sembriamo tutti destinati a essere impotenti, a soccombere. Il nuovo Gino Strada, c’è già? Lo abbiamo già identificato? Oppure il sindaco di Kyev. Oppure Samantha Cristoforetti. Sono giorni che rimandano la partenza della sua missione sulla Stazione Spaziale Internazionale. Tornerà sulla Terra a settembre. Avrà un anno intero per riprendersi. Magari riuscirò a convincerla.

3.

[…]

Questo racconto è stato stampato in 250 copie per accompagnare due avvenimenti importanti: il 9 settembre a Roma, presso Pi Campus, si festeggia un anno dalla partenza della Ocean Global Race (settembre 2023), a cui parteciperà l’imbarcazione del fondatore di Translated Marco Trombetti; il 12 settembre a Ca’ Tron, presso H-Farm, si festeggiano i dieci anni del rapporto Restart, Italia! e della prima legge sulle startup, che grazie a Riccardo Donadon proprio in questo campus furono presentati per la prima volta.

Il racconto completo è disponibile a questo link:

Appena prima di rinascere

A Pi Campus il 9 settembre per la presentazione della partecipazione di Translated alla Global Ocean Race 2023
A H-Farm il 12 settembre per i dieci anni della prima legge sulle startup

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Alessandro Fusacchia

Vice Presidente per l'Impatto Sociale di Translated. Curatore del Festival del Pensiero Contemporaneo (Piacenza) e della Pratolungo Unconference (Rieti).